Un po’ di sintesi sonora, come funziona un sintetizzatore?

huge_Synth_lg

Tutti gli appassionati di musica, e ancor di più quelli di musica elettronica, hanno sicuramente sentito parlare almeno una volta dei sintetizzatori, questi strumenti “mistici” che affidati in mano a sapienti musicisti riescono a tirare fuori i suoni più complessi e disparati. A parte gli scherzi, vediamo di addentrarci un po nel mondo della sintesi sonora per cercare (almeno in parte) di capire  come funzionano questi strumenti così tanto venerati.

Tipologie di sintesi sonora

Esistono diverse metodologie e relativi filoni di pensiero per sintetizzare un suono, innanzitutto facciamo una prima distinzione in: sintesi astratta (additiva, sottrattiva, modulazione di frequenza, ecc…), sulla quale sono basati tantissimi modelli di sintetizzatori (in particolar modo i modelli vintage e i loro remake moderni) e sintesi emulativa (Sampling, Physical modeling, ecc…), la quale si basa su concetti e modelli matematici più complessi che hanno l’obbiettivo di ricreare un suono “reale” (ad esempio di un pianoforte) mediante opportuni algoritmi di emulazione appunto, questa parte seppur molto affascinante non la tratteremo in questo articolo.

Quindi…sintesi astratta, in particolare in questa guida ci soffermeremo sulla sintesi sottrattiva e gli strumenti che si basano su di essa.

La sintesi sottrattiva

La sintesi sottrattiva si basa sul concetto di avere a disposizione una sorgente (in genere un oscillatore) che sia in grado di generare un suono molto ricco di armoniche, il quale, mediante opportune operazioni di filtraggio, verrà modificato nel suo contenuto spettrale per costruire il suono desiderato. Proprio da questo concetto deriva il nome di questa tipologia di sintesi (sottrattiva appunto) che sta a sottolineare il fatto di partire da un suono di base, e man mano togliere tutte le parti che non ci interessano.

La sintesi sottrattiva viene spesso associata al concetto di sintesi analogica in quanto la maggior parte dei synth analogici utilizza questo metodo di generazione sonora. Tra i pionieri della sintesi sottrattiva non possiamo non citare Robert Moog, il quale nel 1964 ideò il modello che tuttora viene utilizzato per la realizzazione dei sintetizzatori moderni (vedi immagine sotto):

Schema sintesi sottrattiva

Il modello di Moog si basa sulla catena Generatore d’onda/Filtro/Amplificatore,  in particolare  come sorgente abbiamo un oscillatore, chiamato VCO (Voltage Controlled Oscillator) capace di generare diverse tipologie di onde (onde quadre, triangolari, dente di sega, ecc..), un filtro chiamato VCF (Voltage Controlled Filter) che, mediante l’aggiustamento dei suoi parametri, consente di rimuovere le componenti del segnale che non ci interessano, e una sezione di amplificazione del segnale chiamata VCA (Voltage Controlled Amplifier) che consente di portare il segnale in uscita ad un livello udibile. Oltre a questi dispositivi il modello di Moog aggiunge un LFO (Low Frequency Oscillator), un oscillatore a bassa frequenza che può essere utilizzato per modulare alcuni parametri degli altri tre componenti, consentendo quindi di realizzare dei suoni che “si muovono” in base alla frequenza dell’LFO (poi chiariremo meglio il tutto quando andremo a vedere lo strumento Analog di Ableton Live che è appunto un sintetizzatore basato su questa struttura VCO-VCF-VCA-LFO).

A “vigilare” sul tutto ciò troviamo l’ADSR (Attack-Decay-Sustain-Release), cioè dei controlli che ci consentono di variare i parametri relativi all’attacco del suono, il suo decadimento, il sostegno, e il rilascio; tali parametri vengono generalmente espressi in millisecondi e possono essere rappresentati mediante il seguente schema grafico:

ADSR

dal quale possiamo ben capire il comportamento del segnale in uscita in funzione del tempo: ad esempio nell’immagine proposta notiamo che quando “parte” il suono il suo volume si alza in maniera graduale fino a raggiungere il suo massimo (questo indica l’Attack), poi abbiamo un decadimento di volume (Decay), ne quale il suono perde un po di energia, e arriviamo alla linea orizzontale che rappresenta il Sustain (in questo caso se noi continuiamo a tenere premuta la nota, il suono continua ad uscire), nel momento in cui rilasciamo il tasto, notiamo che il volume in uscita non decade immediatamente, ma passa un po di tempo prima che il suono scompaia (Release). Nel caso la linea di Sustain fosse stata coincidente con l’asse x (Tempo), anche se continuassimo a tenere premuto il tasto della nota oltre il tempo di Decay, comunque non sentiremmo in uscita alcun suono, proprio perchè il Sustain indica il livello di volume che il suono deve mantenere durante il periodo in cui la nota rimane premuta, se questo è settato a zero, dopo il decay non avremo più nulla.

Possiamo avere anche diversi ADSR racchiusi in un unico sintetizzatore, ad esempio Analog, lo strumento integrato in Ableton Live dispone di un ADSR per ognuno dei due filtri e dei due amplificatori (in figura l’ADSR dell’Amp1 di Analog).

Analog-ADSR - Ableton Universe

Infine troviamo la tastiera musicale, (la maggior parte dei sintetizzatori sono strumenti a tastiera) che ha appunto il compito di inviare a tutto il sistema  dei messaggi (nei virtual instruments in formato digitale, negli strumenti analogici sotto forma di variazioni di tensione) che notificano eventi di pressione del tasto, nota premuta, rilascio del tasto.

Questa è la struttura di base che si trova in ogni sintetizzatore analogico (o di una sua simulazione virtuale) e che ritroviamo anche in Analog (strumento che vedremo in maniera più approfondita nelle prossime guide).

Analog+label - Ableton Universe

Oltre a questi elementi che costituiscono la base di un sintetizzatore moderno, in genere troviamo anche una componente rumorosa (rumore bianco, rosa ecc…) la quale consente di ampliare la gamma di suoni riproducibile dallo strumento.

Approfondiamo ora un po’ il discorso sull’utilizzo dell’LFO, come utilizzare questo oscillatore a bassa frequenza?

L’LFO è un dispositivo che possiamo utilizzare, come abbiamo detto in precedenza, per modulare alcuni parametri degli altri componenti in maniera automatizzata, ma cosa significa ciò? Vi ricordate nella scorsa guida…(clicca qui per vedere la guida sull’Auto-Wha) abbiamo realizzato un effetto Wha-Wha utilizzando l’Auto-Filter di Ableton Live, in quel caso abbiamo utilizzato LFO per variare il valore di cutoff (taglio) del filtro in modo da simulare l’effetto del movimento del piede del chitarrista sul pedale (il Wha-Wha altro non è che un filtro con frequenza modificabile e con una risonanza piuttosto evidenziata). In un sintetizzatore LFO può essere utilizzato non solo per modulare la frequenza del filtro ma anche altri parametri come il pitch, la risonanza, il pan, ecc…consentendoci di creare suoni più particolari e soprattutto meno “statici”.

Nei prossimi appuntamenti con la sintesi sonora analizzeremo in maniera più approfondita lo strumento Analog integrato in Ableton Live cercando di capire come tutto il discorso che abbiamo fatto oggi, si rispecchia esattamente in questo strumento.

** Un grazie particolare va al Dott. Leonardo Gabrielli del dipartimento di Ing. dell’Informazione dell’Università Politecnica delle Marche per i consigli e per averci gentilmente fornito il materiale sul quale abbiamo sviluppato questa breve guida introduttiva sulla sintesi sonora. **

Arrivederci alla prossima guida

Ciao da Ableton Universe 😀

[banner]

Una risposta a “Un po’ di sintesi sonora, come funziona un sintetizzatore?”

  1. Una guida introduttiva davvero interessante! Dove è possibile ricavare più informazioni a riguardo?

I commenti sono chiusi.